martedì 27 agosto 2013

Milano - Kythera 2013 (Seconda Parte)


Terza Tappa: Mostar – Kastoria

Lascio Mostar in una giornata splendida. Le strade sono bellissime, il sole picchia già di primo mattino. Punto su Stolac e il confine montenegrino. Le strade rimangono perfette ma si arricchiscono di curve e tornarnti. 

Giunto in Montenegro, la maggiore sorpresa sono i bellissimi laghi subito prima di Nikšić, un panorama che ricorda quello del Connemara, e che visto dall’alto lascia senza fiato. Qualche foto e si riparte per Podgorica, ultima tappa prima dell’Albania.

L’ingresso in Albania costituisce un salto notevole, le strade peggiorano, e soprattutto si rivelano piene di insidie: rettilinei interrotti da buche enormi, giunti dei ponti saltati, dislivelli paurosi nell’asfalto, il tutto mai segnalato e in totale abbandono. Le strade abbondano di carretti trainati da asinelli e insieme da costruzioni moderne in stile Italia ’80. Tutto sembra vagamente riciclato, incompiuto, un tentativo non riuscito.

Fino a Shkodër è quasi tutta dritta, il traffico è spesso rallentato da grossi camion, e il caldo si fa sentire. Finalmente arrivo nella periferia di Tirana che mi lascia una impressione di profonda miseria e abbandono. Animali che circolano su strade luride, spazzatura ovunque, case sfasciate piene di gente in condizioni estremamente precarie, carcasse di ogni tipo di vettura, rottami e macerie come in una zona di guerra appena terminata.

Il centro di Tirana non è molto meglio, cerco di orientarmi per raggiungere la nuova superstrada per Elbasan. Finisco nell’immensa e deserta piazza centrale, poi tramite una serie di vicoli arrivo ad una rampa apparentemente abbandonata e da lì sulla superstrada, ovviamente deserta e in parte incompiuta, che mi porta con varie deviazioni su stradine locali fino ad Elbasan. Da Librazhd si sale attraverso una valle bellissima lungo il fiume Shkumbin e poi si scende di colpo verso il Lago Orhid, considerato uno dei più antichi del pianeta. Qui la strada termina di colpo in un sentiero sterrato percorso da camion e automobili con inenarrabili difficoltà. Superato il tratto sterrato, che rallenta ulteriormente il percorso, cerco di raggiungere in fretta il confine greco a cui arrivo dopo il tramonto. E' buio pesto, sono in mezzo a boschi fittissimi, e i cartelli che avvisano di restare in auto in caso di guasto a causa della presenza di orsi e lupi non aiutano il morale, ma finalmente intravedo la frontiera dove, superati i noiosi controlli, posso scollinare verso il lago di Kastoria.

Lo scenario cambia in fretta e mi ritrovo in una movimentata cittadina turistica sul lago. Sono le nove e mezzo di sera (compreso il cambio di fuso orario), devo trovare l’albergo. L’impresa si rivela complicata perché Kastoria è arroccata su un promontorio e le strade sono molto strette e spesso senza sbocco. Nessuno parla inglese (né tantomeno italiano), ma tra i gesti e i cartelli raggiungo la bellissima locanda a picco sul lago dove passerò la notte. Nella camera ci sono milioni di zanzare minuscole, che però fortunatamente cadono tutte stecchite all’istante nel momento in cui accendo il fornelletto. Risolto anche questo inconveniente posso fare una doccia e prendermi il meritato riposo. Ho percorso più di 600 km da questa mattina, di cui più di 30 in mezzo ai sassi e alle buche. Non fatico ad addormentarmi, pensando che domani sarà tutto più semplice, sulle autostrade greche per Atene.

lunedì 26 agosto 2013

Milano - Kythera 2013 (Prima Parte)


Parto direttamente dall’ufficio. Due borse laterali, uno zaino con la macchina fotografica. Milano-Atene, e poi Kythera. Per Atene ho tre giorni di tempo. Sono le 17.

Prima tappa di avvicinamento: Milano-Trieste.

Il viaggio in autostrada è esattamente noioso come te lo aspetti. Fino a Venezia si resiste, dopo è sfinimento, crepuscolo, umidità e foschia. Arrivo ad Opicina alle nove e mezza di sera, è già notte. Trieste si dispiega sotto di me con le sue luci azzurre e bianche, pochi tornanti e sono a casa di amici. Si mangia (pasta al pesto, naturalmente), e si dorme con in testa la partenza vera, l’indomani.

Seconda tappa: Trieste-Mostar.

Statale per Rijeka. 40 km di coda mi attendono, con la moto si passa ma a fatica. A Rijeka ho già la schiena a pezzi, il traffico diminuisce e aumenta la bora. Decido di fare la costiera per godermi il mare e le isole della Dalmazia: per un po' funziona, riesco anche a pranzare a base di calamari ripieni appena pescati, ma poi si rivela un errore: il vento rinforza con raffiche da 100kmh, finché vengo fermato da un sedicente poliziotto (a parte la divisa nulla lo rendeva riconoscibile, auto civile, amico in ciabatte e motorino) che mi commina 37 euro di multa perché la costiera è chiusa al traffico per le moto con vento forte (?). Mi consiglia di proseguire nell’interno, cosa che faccio ed effettivamente risulta una buona idea. A parte il freddo (21 gradi dai 30 della costa), si va via veloci, tra le tante cascine abbandonate dopo la guerra, i segni del conflitto ancora visibili sulle facciate di certe case, i bunker, i monumenti ai caduti, fino al confine bosniaco. Il passaggio in Bosnia è una sorpresa, l’apparenza è di un paese più ricco del sud della Croazia, con belle strade, ristoranti di lusso, parecchie automobili nuove e case molto curate.

Mostar mi appare in fondo ad una vallata come una città caotica e triste, un po’ nordafricana e un po’ post-sovietica. Interi palazzi sono stati lasciati volutamente (spero) sventrati dai bombardamenti, e danno ai viali del centro un’aria un po’ lugubre. Il mio B&B da ben 25 euro a notte è vicino al centro storico, cerchiamo di capirci a gesti con i proprietari che non parlano inglese, ma sono molto gentili. Mentre mi riposo prima di cena, il canto del muezzin supera dolcemente i rumori della sera che va animandosi per le viuzze sottostanti: mi ricordo che sono in un paese a maggioranza mussulmana, anche se c’è una chiesa e si beve e si veste come in una qualunque località turistica mediterranea.

Esco a fare una passeggiata e per vedere il famoso ponte ricostruito dopo la guerra e mi ritrovo nel cuore medievale di Mostar, tra le vie di pietre liscissime e i mille negozietti di artigianato e souvenir. E – sì – ci sono i souvenir della guerra: il carroarmatino, la bombetta, la minetta antiuomo, tutto fa brodo. Il giro si conclude con il passaggio sul ponte e una cena fatta di una birra e un pacchetto di biscottini locali. Quindi, il riposo in attesa della tappa successiva, che è attesa come la più massacrante del viaggio. Google dice 10 ore e 30, e non mi sento di contraddirlo.